Diritto di famiglia e tutela della persona

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VIOLENZA SULLE DONNE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

I provvedimenti emanati dal Governo per fronteggiare l’emergenza determinata dalla diffusione del coronavirus su tutto il territorio nazionale, hanno comportato come effetto collaterale l’aumento vertiginoso dei casi di violenza domestica nei confronti delle donne.

L’isolamento domiciliare, infatti, se da una parte ha contrastato efficacemente il covid-19, dall’altra, purtroppo, ha aggravato molte situazioni familiari già particolarmente conflittuali.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità, a partire dal 2006 aveva attivato il numero gratuito “1522”, operativo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, accessibile gratuitamente su tutto il territorio nazionale, per sostenere le vittime di violenza con l’ausilio di operatrici altamente specializzate e multilingua. Nel medesimo anno, per consentire alle vittime di maltrattamenti di denunciare le violenze subite senza essere sentite dal proprio compagno, era stata altresì creata l’applicazione gratuita del “1522” che consentiva l’interazione a mezzo chat con le predette operatrici.

Recentemente, in piena emergenza coronavirus, grazie alla campagna del Governo #esserci sempre (https://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/presentazione_youpol_esserci.pdf.pdf) è stata anche aggiornata l’applicazione “YouPol”, inizialmente creata per segnalare episodi di spaccio e bullismo. Ad oggi, infatti, con la predetta applicazione è possibile segnalare e trasmettere in tempo reale alla Polizia di Stato messaggi ed immagini relativi ad episodi di violenza domestica, nonché chiamare direttamente il 112. Tali segnalazioni, che possono essere inviate anche in forma anonima, vengono immediatamente trasmesse e geolocalizzate per consentire un intervento tempestivo anche in questo periodo di emergenza sanitaria.

La violenza contro le donne è un grave fenomeno sociale, diffuso a livello mondiale, che si fonda sulla disparità di potere fra i sessi e cagiona sovente violenze fisiche e/o psicologiche nei confronti del genere femminile. Conoscere tale fenomeno e affidarsi tempestivamente a professionisti competenti in materia è fondamentale.

Lo Studio Legale Surace ha maturato una consolidata e ultraventennale esperienza nell’ambito del diritto di famiglia e fornisce ai propri assistiti tutela e assistenza sia in ambito civile che penale, anche a mezzo del Patrocinio a Spese dello Stato.

Per maggiori informazioni potrete contattare lo studio legale, inviare una email all’indirizzo: avv.surace@gmail.com oppure compilare il sottostante form.

DIRITTO DI VISITA DEI MINORI E NORMATIVA IN MATERIA DI CORONAVIRUS: AGGIORNAMENTI

Con il presente articolo torniamo ad occuparci di una problematica alquanto diffusa e delicata: il diritto di visita del genitore non affidatario alla luce delle recenti disposizioni normative in materia di limitazione della libertà di movimento e circolazione delle persone.

Infatti, con il D.P.C.M. 22 marzo 2020, i limiti alla libertà di movimento dei cittadini sono divenuti ancora più stringenti, in quanto sono stati vietati tutti gli spostamenti al di fuori del proprio Comune che non siano giustificati da comprovate esigenze lavorative, assoluta urgenza o motivi di salute.

Tali importanti limitazioni, se prese alla lettera, renderebbero alquanto difficoltoso, se non addirittura impossibile, l’esercizio del diritto di visita, soprattutto da parte del genitore separato o divorziato non collocatario del minore che risieda in un Comune diverso rispetto a quello in cui abitano i propri figli.

In tal modo si arrecherebbe, infatti, un gravissimo pregiudizio sia al minore, che verrebbe privato, in un periodo così delicato, della presenza di uno dei genitori, sia al genitore stesso, e si verrebbe a creare una assolutamente ed inopportuna disparità di trattamento fra i genitori residenti nello stesso comune e quelli residenti, invece, in comuni differenti.

Riteniamo che sul punto il legislatore abbia tenuto un comportamento estremamente colpevole e superficiale, in quanto ha completamente omesso di disciplinare tale importante e delicata fattispecie.

Nel suddetto contesto, le contrastanti pronunce dei Tribunali dei giorni scorsi hanno provveduto a creare ancora più sconcerto e incertezze in merito.

Da una parte il Tribunale di Milano ha precisato che il diritto di visita, come regolato dal provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, prevale sulle misure governative in tema di contenimento del coronavirus (Tribunale di Milano, decreto 11 marzo 2020); dall’altra, il Tribunale di Bari ha, invece, stabilito che “il diritto – dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi, nell’attuale momento emergenziale, è recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone” (Tribunale di Bari, ordinanza 26 marzo 2020).

Viste le difficoltà interpretative della normativa emanata in tema di coronavirus e la difformità delle pronunce dei Tribunali, come poc’anzi esposto, sul sito istituzionale del Governo all’indirizzo http://www.governo.it/it/faq-iorestoacasa, è stato finalmente precisato, per fugare qualsiasi dubbio in merito, che “Gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori.”.

Nel predetto intervento chiarificatore del Consiglio dei Ministri, pertanto, è stato precisato che:

sono garantitigli spostamenti da un Comune all’altro per l’esercizio del diritto di visita da parte del genitore non collocatario della prole, secondo quanto previsto nel provvedimento di separazione o divorzio;

 in assenza di un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, il diritto di visita è comunque garantito, previo accordo fra i genitori.

Il Governo con questo intervento non solo ha precisato che per l’esercizio del diritto di visita sono consentiti gli spostamenti al di fuori del Comune di residenza, ma ha anche colmato la lacuna presente nella normativa d’emergenza relativa al diritto di visita per le famiglie di fatto o per coloro che, al momento, non dispongano ancora di un provvedimento di separazione e/o divorzio che regoli l’affidamento dei minori e le modalità di esercizio del diritto di visita.

Rimangono tuttavia incertezze per l’esercizio del diritto di visita da parte del genitore che sia privo di un provvedimento giudiziario e che non riesca a comporre il conflitto con il proprio ex partner.

In conclusione, in un momento storico così delicato, il genitore affidatario deve quindi garantire all’ex coniuge e/o convivente il diritto di visita, purché avvenga nel rispetto delle prescrizioni sanitarie anticontagio. Qualora ciò non fosse possibile perché l’esercizio del diritto di visita esporrebbe il minore ad un possibile contagio, entrambi i genitori dovrebbero comunque cercare di ridurre i propri attriti personali per non pregiudicare la salute del minore ed agire di concerto nell’interesse esclusivo della prole, magari favorendo quantomeno contatti telefonici regolari o, meglio ancora, tramite video chiamata.

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MISURE URGENTI IN MATERIA DI CORONAVIRUS E DIRITTO DI VISITA IN CASO DI SEPARAZIONE E DIVORZIO

Come già anticipato nel nostro articolo “Misure urgenti in materia di coronavirus e conseguenze penali in caso di inottemperanza”, il D.P.C.M. 9 marzo 2020 ha esteso all’intero territorio nazionale le disposizioni normative già previste per le “zone rosse” italiane dal D.P.C.M. 8 marzo 2020, il quale prevedeva che gli spostamenti delle persone fisiche all’interno di tutto il territorio nazionale non fossero consentiti se non per:

– comprovate esigenze lavorative,

– situazioni di necessità;

– motivi di salute;

– necessità di rientrare presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.

Successivamente, dopo pochi giorni, il quadro normativo è mutato nuovamente, contribuendo a generare nella popolazione un comprensibile stato confusionale.

In particolare, con il D.P.C.M. 22 marzo 2020, i limiti alla libertà di movimento per la popolazione si sono fatti ancor più stringenti, introducendo il divieto assoluto per tutte le persone fisiche “di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”.

Tutto ciò premesso, in questi lunghi giorni di quarantena il nostro Studio continua a ricevere moltissime telefonate e richieste di chiarimenti in ordine alla possibilità di esercitare il diritto di visita da parte dei genitori non collocatari dei minori, in caso di separazione e/o divorzio.

Sul punto, sul sito istituzionale del Governo all’indirizzo http://www.governo.it/it/faq-iorestoacasa, è stato chiarito che “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio”.

È necessario, altresì, rammentare che i provvedimenti emanati dall’Autorità Giudiziaria in caso di separazione e/o divorzio devono necessariamente essere osservati per non incorrere nella violazione dell’art. 388, c. 2, c.p., che punisce con la reclusione fino a tre anni o la multa da Euro 103,00 a 1.032,00 chiunque eluda un provvedimento giudiziario che concerna l’affidamento dei figli. Qualora sia necessario modificare con urgenza un provvedimento di separazione e/o divorzio, si potrà comunque adire il Tribunale competente con un ricorso ex art. 709 ter c.p.c., per non trasgredire quanto disposto dal citato art. 388, c. 2 c.p.

E’ bene considerare, inoltre, che recentemente il Tribunale di Milano ha ordinato che fossero osservate le condizioni di separazione concordate dai coniugi in materia di diritto di visita e affidamento dei minori, contenute nel verbale di separazione ritenendo che: “anche le FAQ diramate dalla Presidenza del CDM in data 10.3.2020 indicano al punto 13 che gli spostamenti per raggiungere i figli minori presso l’altro genitore o presso l’affidatario sono sempre consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione e divorzio “(decreto del Tribunale di Milano del 11/03/2020).

Occorre però ribadire, come già anticipato, che il quadro normativo oggi vigente, in seguito alla entrata in vigore del D.P.C.M. 22 marzo 2020, ha vietato tutti gli spostamenti delle persone fisiche al di fuori del Comune in cui si trovino effettivamente. Ciò detto, non si porrebbe alcun problema per l’esercizio del diritto di visita per un genitore non collocatario che risieda nello stesso Comune rispetto a quello in cui abitano i propri figli, unitamente al coniuge separato e/o all’ex coniuge. Diversamente, invece, dal tenore letterale dell’ultimo D.P.C.M., sembrerebbe che il coniuge non affidatario, che risieda in un Comune diverso rispetto a quello in cui abitino i propri figli, non possa uscire dal proprio Comune, nemmeno per esercitare il diritto di visita. Il nuovo D.P.C.M., infatti, ha introdotto il divieto “di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute” ed ha eliminato, tra le cause giustificatrici, le “situazioni di necessità” sostituendole con le situazioni di “assoluta urgenza“. Occorre quindi stabilire se il diritto di visita rappresenti una situazione di “assoluta urgenza” tale da giustificare lo spostamento al di fuori del Comune di residenza. Sul punto, stante la genericità del nostro legislatore, non si può dare, attualmente, dare una risposta univoca sul punto. E’ innegabile, comunque, che il diritto di visita rientra tra le esigenze di salute dei minori, che potrebbero essere turbati da una prolungata assenza di uno dei due genitori, e ciò soprattutto in un periodo particolarmente difficile e stressante come quello attuale. A ciò si aggiunga che garantire il diritto di visita del genitore non collocatario residente nel medesimo Comune dei figli ed impedire l’esercizio di tale diritto per il genitore residente altrove rappresenterebbe una misura assolutamente paradossale, ingiusta e discriminatoria e violerebbe, a nostro avviso, il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione. Appare evidente e doveroso, pertanto, che il Governo, data l’importanza e la delicatezza della materia, nonché il vasto numero di soggetti coinvolti, intervenga con la massima urgenza per chiarire le modalità di esercizio del diritto di visita, colmando così una gravissima lacuna in cui sembra essere incappato.

In conclusione, vista la grave emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Paese, riteniamo che il diritto di visita del genitore non collocatario debba essere assicurato, purché sia garantito altresì il diritto alla salute dei minori. Qualora vi sia anche un minimo rischio di contagio, sarebbe opportuno che il genitore non collocatario avesse esclusivamente costanti rapporti telefonici o via skype con il minore per non pregiudicare la sua salute ed esporlo a rischi concreti di contagio. La propagazione di questo “nemico invisibile”, dipende esclusivamente dalla nostra condotta, dal momento che, secondo le statistiche ad oggi disponibili, sembrerebbe che ogni persona positiva al coronavirus contagia, a sua volta, almeno altre due persone. È evidente che anche i coniugi separati e/o divorziati più litigiosi, in un momento così delicato, dovrebbero superare le proprie divergenze, almeno temporaneamente, adottando una condotta responsabile nell’interesse esclusivo dei propri figli. In questi casi il buon senso, prima ancora del diritto, dovrebbe portare alla sospensione temporanea (concordata fra i genitori) del diritto di visita tra il genitore non collocatario e figli ed a favorire quantomeno costanti contatti telefonici. Per maggiori informazioni potrete contattare lo studio legale, inviare una email all’indirizzo: avv.surace@gmail.com oppure compilare il sottostante form.

OSTACOLARE IL RAPPORTO DEI FIGLI CON IL PADRE COSTITUISCE REATO?

Costituisce reato la condotta della madre che elude il provvedimento del Giudice che impone alla stessa un obbligo di collaborazione onde consentire al padre il diritto di visita del figlio.

 Così si è pronunciata recentemente la Corte Suprema di Cassazione (Sezione IV Penale, sentenza 14 maggio 2019 n. 23830).  

Il genitore affidatario della prole, infatti, è tenuto sempre a favorire, salvo che sussistano gravi e giustificati motivi, gli incontri fra padre e figlio.

La Corte di Cassazione sul punto precisa che:

– la madre e il padre sono due figure centrali per la crescita del minore e impedire il rapporto con uno di questi potrebbe avere effetti estremamente negativi sulla personalità del minore;

– subordinare l’incontro con il padre al pagamento degli assegni di mantenimento arretrati non costituisce una valida motivazione per non ottemperare a quanto disposto dal Giudice. Anche tale condotta potrebbe integrare il reato di cui all’art. 388 c.p. e conseguentemente determinare la condanna della madre.

Nel caso posto all’attenzione della Suprema Corte, il contegno ostruzionistico e manipolativo assunto dalla madre ha altresì determinato la mancata concessione dei doppi benefici all’imputata (sospensione condizionale della pena e non menzione nel casellario giudiziale) stante la sussistenza di un giudizio negativo sulla personalità e sulla pervicacia della condotta posta in essere della stessa.

NEL RAPPORTO DI COPPIA CONIUGALE ESISTE UN DIRITTO ALL’AMPLESSO?

La Corte Suprema di Cassazione si è recentemente pronunciata sul punto precisando che a nulla rileva l’esistenza di un rapporto di coppia tra le parti (sia coniugale che para-coniugale), in quanto non esiste un diritto di esigere e/o di imporre rapporti sessuali.

Integra, pertanto, il reato di violenza sessuale non solo la condotta posta in essere in presenza di un manifesto dissenso della vittima, ma anche quella realizzata semplicemente in assenza di consenso esplicito e/o tacito.

La Corte Suprema di Cassazione (Sezione III Penale, sentenza 19 marzo 2019 n. 42118) si è recentemente pronunciata sul punto precisando che a nulla rileva l’esistenza di un rapporto di coppia tra le parti (sia coniugale che para-coniugale), in quanto non esiste un diritto di esigere o di imporre rapporti sessuali.

Integra, pertanto, il reato di violenza sessuale non solo la condotta posta in essere in presenza di un manifesto dissenso della vittima, ma anche quella realizza semplicemente in assenza di consenso.

La Corte di Cassazione ha altresì precisato che l’errore sul dissenso a compiere e/o subire atti sessuali costituisce comunque un errore inescusabile.

Del resto, nel nostro ordinamento non esiste alcun onere, nemmeno implicito, di esprimere il dissenso. Anzi, si deve ritenere che il dissenso sia da presumersi.

Si consideri inoltre che l’attenuante della minore gravità del fatto di cui all’art. 609 bis comma 3 c.p. è applicabile solo qualora considerando i mezzi, le modalità esecutive e le circostanze dell’azione, si possa ritenere che la libertà sessuale della vittima del reato sia stata lesa in misura lieve.