DIFFAMAZIONE SUI SOCIAL NETWORK

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DIFFAMAZIONE SUI SOCIAL NETWORK

Diffondere sui social network frasi offensive dell’altrui reputazione potrebbe integrare il reato di diffamazione aggravata, ex art. 595 comma 3 c.p.

Sul punto la Suprema di Corte di Cassazione (Sezione V Penale, sentenza 6 settembre 2018 n. 40083) ha recentemente precisato che diffondere frasi offensive tramite social network e, in particolare, tramite la bacheca di facebook costituisce diffamazione aggravata dall’utilizzo della pubblicità, in quanto trattasi di una condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato di persone.

Diffondere sui social network frasi offensive e diffamatorie potrebbe integrare il reato di diffamazione aggravata, ex art. 595 comma 3 c.p.

Secondo un orientamento della Suprema Corte di Cassazione più risalente nel tempo, il reato di diffamazione non può essere commesso tramite i social network. Recentemente, invece, la Corte ha mutato orientamento precisando che diffondere frasi offensive tramite social network e, in particolare, tramite la bacheca di facebook costituisce diffamazione aggravata dall’utilizzo della pubblicità, in quanto trattasi di una condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato di persone.

È bene considerare che qualora le frasi offensive siano contenute in una conversazione privata anziché su una bacheca pubblica, il reato di diffamazione non si configura. In tal caso al più potrebbe trovare applicazione la disciplina dell’ingiuria che, ad oggi, non costituisce reato, ma un mero illecito amministrativo.

Occorre altresì ricordare che ogni dispositivo telematico è dotato di un indirizzo IP privato che consente l’identificazione dello strumento informativo che viene di volta in volta utilizzato. Pertanto, anche qualora venisse utilizzato un profilo appositamente creato, gli inquirenti saranno comunque in grado di risalire all’indirizzo IP per computer o del cellulare utilizzato e, pertanto, di individuare il responsabile del reato.